giovedì 12 dicembre 2013

Attraversare la strada


Questa mattina mi ha telefonato S. ağabey e mi ha molto rallegrato. Mi ha detto di passare a fare due chiacchiere che l'ultima volta gli ha fatto molto piacere. La sua sala da tè, ormai un rudere nei miei primi giorni a Fikirtepe, ora definitivamente abbattuta, è temporaneamente trasferita nel campo sportivo della scuola di calcio del Fenerbahçe, proprio all'altro lato della strada, dove serve tè e toast ai lavoratori del cantiere. È un uomo timido, sincero, limpido. Da pochi mesi è uscito dalla sua proprietà, un edificio che comprendeva la sua casa e la sua çay ocağı, che si trovava al piano terra.
Gli chiedo a che ora iniziava a lavorare e lui risponde che non c'era orario: era casa sua, bastava che scendesse.. Chi arrivava chiamava e lui scendeva.
Adesso si muove incerto e tentennando non sa se unirsi al gruppo di operai che chiacchierano là fuori. Lo immagino sicuro dietro al suo banco da lavoro, mentre serve gli avventori e ascolta le loro chiacchiere.
Gli avventori erano coloro che lavoravano nei negozi e nelle officine circostanti. Alcuni vengono ancora lì e si scaldano al fuoco improvvisato sulla strada tra il cantiere e il campo sportivo. Il fuoco è fatto con pezzi di legno fuoriusciti dalle demolizioni. Sono tutti seri e rivolgono il sedere al fuoco, mentre intorno è tutto bianco di neve e tempesta, in riga verso il cantiere. Arrivo e saluto, ricambiano ma nessuno sorride. Mi appaiono scontrosi, non oso chiedere cosa ci fanno lì.
S. ağabey inizia tutti i giorni alle 8:30, si sveglia alle 7 e prende ogni giorno il taxi da casa sua, che il tassista ormai non gli chiede più niente, e spende ogni giorno venti lire fra andata e ritorno. No, non ci sono altri mezzi, oppure non ho voglia di prenderli.
A volte se ne va prima di cena, a volte aspetta un po' dopo l'inizio dell'ultimo allenamento.
Mi accoglie nell'angusto retro del suo angolo di lavoro dove ha sistemato un tavolino con tre sgabelli, un portacenere e un calorifero elettrico. Pochi giorni fa alcuni operai erano venuti a reclamare questo angolino, come suppongo facessero ormai d'abitudine, per il namaz. S. abi li ha mandati via dicendo “Ma non vedete che c'è seduta una signora?”.
Gli chiedo se quando tornerà qui ad abitare riaprirà la sua çay ocağı. Lui dice che fra tre anni va in pensione e chi se frega.
Prima di fare questo lavoro aveva lavorato in Libia. Ma faceva troppo caldo laggiù, non ha resistito. S. ha un by-pass e non può più fumare. Ogni tanto ruba gli ultimi due tiri dalla sigaretta della sua amica S. Gli ho chiesto cosa ha provato quando hanno demolito la sua casa e lui: “Ho fumato una sigaretta”.
È arrabbiato perché nella casa in cui sta temporaneamente in affitto, nell'attesa che gli venga assegnata la nuova casa a Fikirtepe, la caldaia dà problemi e la sua richiesta al proprietario si è risolta in un litigio durissimo. Gli chiedo se la compagnia edilizia in questo caso non intervenga e lui risponde che la compagnia si interessa solo delle faccende di soldi (le compagnie edilizie pagano fino a circa 850 lire mensili per l'affitto dei vecchi abitanti del quartiere), e non di queste cose.
Del suo vecchio edificio è rimasta solo la vecchia insegna, che adesso è appesa alla ringhiera di cinta del campo sportivo, vicino all'ingresso.

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