Questa mattina mi ha telefonato S.
ağabey e mi ha molto rallegrato. Mi ha detto di passare a fare due
chiacchiere che l'ultima volta gli ha fatto molto piacere. La sua
sala da tè, ormai un rudere nei miei primi giorni a Fikirtepe, ora
definitivamente abbattuta, è temporaneamente trasferita nel campo
sportivo della scuola di calcio del Fenerbahçe, proprio all'altro
lato della strada, dove serve tè e toast ai lavoratori del cantiere.
È un uomo timido, sincero, limpido. Da pochi mesi è uscito dalla
sua proprietà, un edificio che comprendeva la sua casa e la sua çay
ocağı, che si trovava al piano terra.
Gli chiedo a che ora iniziava a
lavorare e lui risponde che non c'era orario: era casa sua, bastava
che scendesse.. Chi arrivava chiamava e lui scendeva.
Adesso si muove incerto e tentennando
non sa se unirsi al gruppo di operai che chiacchierano là fuori. Lo
immagino sicuro dietro al suo banco da lavoro, mentre serve gli
avventori e ascolta le loro chiacchiere.
Gli avventori erano coloro che
lavoravano nei negozi e nelle officine circostanti. Alcuni vengono
ancora lì e si scaldano al fuoco improvvisato sulla strada tra il
cantiere e il campo sportivo. Il fuoco è fatto con pezzi di legno
fuoriusciti dalle demolizioni. Sono tutti seri e rivolgono il sedere
al fuoco, mentre intorno è tutto bianco di neve e tempesta, in riga
verso il cantiere. Arrivo e saluto, ricambiano ma nessuno sorride. Mi
appaiono scontrosi, non oso chiedere cosa ci fanno lì.
S. ağabey inizia tutti i giorni alle
8:30, si sveglia alle 7 e prende ogni giorno il taxi da casa sua, che
il tassista ormai non gli chiede più niente, e spende ogni giorno
venti lire fra andata e ritorno. No, non ci sono altri mezzi, oppure
non ho voglia di prenderli.
A volte se ne va prima di cena, a volte
aspetta un po' dopo l'inizio dell'ultimo allenamento.
Mi accoglie nell'angusto retro del suo
angolo di lavoro dove ha sistemato un tavolino con tre sgabelli, un
portacenere e un calorifero elettrico. Pochi giorni fa alcuni operai
erano venuti a reclamare questo angolino, come suppongo facessero
ormai d'abitudine, per il namaz. S.
abi li ha mandati via dicendo “Ma non vedete che c'è seduta una
signora?”.
Gli
chiedo se quando tornerà qui ad abitare riaprirà la sua çay
ocağı. Lui dice che fra tre anni
va in pensione e chi se frega.
Prima di fare
questo lavoro aveva lavorato in Libia. Ma faceva troppo caldo laggiù,
non ha resistito. S. ha un by-pass e non può più fumare. Ogni tanto
ruba gli ultimi due tiri dalla sigaretta della sua amica S. Gli ho
chiesto cosa ha provato quando hanno demolito la sua casa e lui: “Ho
fumato una sigaretta”.
È arrabbiato
perché nella casa in cui sta temporaneamente in affitto, nell'attesa
che gli venga assegnata la nuova casa a Fikirtepe, la caldaia dà
problemi e la sua richiesta al proprietario si è risolta in un
litigio durissimo. Gli chiedo se la compagnia edilizia in questo caso
non intervenga e lui risponde che la compagnia si interessa solo
delle faccende di soldi (le compagnie edilizie pagano fino a circa
850 lire mensili per l'affitto dei vecchi abitanti del quartiere), e
non di queste cose.
Del suo vecchio
edificio è rimasta solo la vecchia insegna, che adesso è appesa
alla ringhiera di cinta del campo sportivo, vicino all'ingresso.
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