martedì 26 novembre 2013

Il posto dove nessuno si sposa


L'incontro con il signor Ercument dell'associazione Fidem, che unisce gli abitanti di quattro quartieri confinanti: Fikirtepe, Dumlupınar, Eğitim, Merdivenköy, è stata un'esperienza molto particolare. Finisce che pare che finisco sulla Gazzetta di Kadıköy come ragazza italiana che fa la tesi su Fikirtepe. E tutto contro la mia volontà.
Il signor Ercument appare piuttosto occupato. Io arrivo vergognosamente in ritardo di mezz'ora, ma lui per fortuna lo era altrettanto. L'ufficio era però aperto, con la porta spalancata sulla strada, per chiunque volesse imbucare la testa dentro. Io mi accomodo, mi asciugo il sudore della corsa trovando finalmente utili quelle salviettine appiccicosissime che ti rifilano ovunque. Quando questo bel signore brizzolato con gli occhi azzurri arriva, mi spiega che era appena stato ad un incontro con il ministro dell'ambiente. Che era venuto a Fikirtepe. Ma è una cosa abbastanza normale, che qua sono costantemente di passaggio, le autorità istituzionali. “Ah,” dico io, ripensando a quello che mi aveva detto la pianificatrice urbana proprio ieri. Alla fine della chiacchierata mi mostra sulla loro pagina Facebook lo striscione con cui il popolo di Fikirtepe ringrazia il ministro dell'ambiente Bayraktar per il suo interesse mostrato per il quartiere.


Mi racconta, come aveva già fatto la pianificatrice, che chiamerò signorina S., che per ogni ada viene scelto un rappresentante dei proprietari, che deve interfacciarsi con le compagnie edilizie. Gli chiedo come viene scelto questo signore, se per caso diviene rappresentante in virtù di una sua posizione particolare. Lui mi spiega che non c'è una ragione esplicita, ma che per esempio lui essendo in pensione e avendo tanto tempo, era naturale che venisse scelto allo scopo. Gli chiedo se questa associazione è nata proprio in occasione dello sviluppo urbano nel quartiere o se si occupa d'altro. Lui dice che è nata in occasione della trasformazione ma che per esempio la settimana scorsa hanno promosso una campagna di donazione del sangue della KızılAy (la Croce Rossa), e che comunque i residenti entrano ed escono (come potrò di lì a poco vedere) dall'ufficio con ogni tipo di richiesta.
Parlando di cose che non capisco bene che riguardano la vendita dei terreni (e che probabilmente non ho neanche salvato perché il registratore è rimasto in pausa contro la mia volontà) si finisce per chiacchierare degli abitanti, di come è successo che mai si siano sposati fra di loro, perché sono l'un l'altro come fratelli e sorelle. Poi i presenti (una decina di uomini di mezza età) cominciano uno per uno a dire la loro sull'argomento. Io non capisco nulla, ma capisco che almeno è un argomento molto sentito e su cui ci sono centinaia di aneddoti su cui ridacchiare. Allora, chiedo io, che succederà a questo bel vicinato quando ogni componente verrà spostato altrove. Non sarà una perdita grande? Io a questo punto sono molto poco imparziale, e quasi mi arrabbio, perché loro hanno venduto le case nonostante amassero così tanto il loro quartiere. Oh, certamente, dice lui. Ma è il sintomo dei tempi che cambiano. L'abitato di Fikirtepe è stato costruito dai nostri nonni circa ottant'anni fa. Erano legittimi possessori dei terreni, ma le case erano sì kaçak, abusive. I nostri padri, vedendo aumentate le esigenze della famiglia, hanno incrementato un po' il volume delle loro case, aggiungendo un tetto qui, un terrazzino là..i presenti si lanciano un sorrisino. È questo che rende queste case un po' così, çarpık, storte! Io intervengo con il cuore gonfio: ma sono belle queste case, sono fatte con le proprie mani, etc. E qui arriva, illuminante, il commento di Ercument: ma hai provato a viverci? Mi racconta un aneddoto in cui un residente vende il suo terreno e si accorda con la compagnia edilizia per tenersi il ferro rimanente dall'abbattimento. La casa viene abbattuta, ma di ferro non ne esce neanche un po'. Era tutta fatta di mattoni. E ritorna la venerazione per il dio metallo. Il fatticello rivela però lo smacco fra la generazione dei padri e quella dei figli, dei nipoti, dei presenti: loro non conoscevano neanche la fattura delle loro case, non sapevano neanche che dentro non c'era il ferro. E loro quelle case volevano darle via, hanno chiesto: –Perpiacere mi distruggi 'sta casa che non la posso più vedere?– Secondo Ercument erano arrabbiati solo un po'perché il progetto di ricostruzione stava durando un po' troppo. Mentre parliamo arriva un giovanotto con una macchina fotografica enorme, un iPad e dice di essere il giornalista della Gazzetta di Kadıköy e vuole scrivere di me nell'articolo. A parte che penso che non hanno proprio niente da scrivere se la soglia di interesse è ridotta a questo. Io mi rifiuto vivacemente, nessuno capisce perché. Il damerino tecnologico finisce con il promettermi che non scriverà nulla di me, ma io non gli credo. Lui dice: –Ma certo, se ti ho dato la parola. Siamo a Fikirtepe, dopotutto!– quindi sarò sulla prossima uscita, se questo è il luogo delle promesse non mantenute. Oppure no, se questo è ancora il luogo in cui tutti sono fratelli e si fidano ciecamente l'uno dell'altro.

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