L'anno scorso, era estate, sedevo con un amico sul muretto di un cimitero affacciato sul Bosforo, prendendo fiato dopo una lunga e piacevolissima passeggiata, scendendo da Çengelköy, e ammiravamo con tristezza la costa europea di Istanbul e la sua silhouette deturpata dagli orrendi palazzi di Levent. Zafer mi raccontava di un film che faceva riflettere su quanto l'esistenza dell'uomo sulla terra sia qualcosa di provvisorio e tutto sommato irrilevante. Uno di quei film catastroficamente ambientati in un futuro devastato, in cui la specie umana spariva e la natura riprendeva con calma, con i suoi tempi, tutto quello di cui l'uomo l'aveva privata. Osservavamo il ponte sul Bosforo e lo immaginavamo catturato dalla vegetazione, ridicolo e inutile.
Oggi questa stessa silhouette potrebbe essere rimessa in discussione: il ministro della Cultura e del Turismo Ertuğrul Günay, resosi conto della bruttezza dell'orizzonte della città rispetto a quello proposto in cartolina, avvisa che potrebbero esserci delle demolizioni. L'industria edilizia mica costruisce e basta, dopotutto. Tutto fa soldi. E più l'edificio è grande! E allora perché non abbattere lo stadio del Beşiktaş, che sta proprio dietro al palazzo Dolmabahçe, e che giace sui tunnel sotterranei che dal palazzo fuoriescono. Certo, allora era possibile costruire su un reperto archeologico, perché c'era il partito unico, dice Günay, e per di più in rotta con tutto il passato Ottomano, ma adesso.. certo tutto è cambiato. Lunga vita al Sultano.
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