giovedì 9 febbraio 2012

Kaku il blog analogico

Se tornassimo indietro con l'immaginazione a che cos'era il mondo senza blog –volendo anche senza Facebook– riusciremmo di nuovo a stupirci della bellezza di pubblicare una frase, una riflessione, un articolo, ossia dire qualcosa che diventi immediatamente pubblico. La bellezza è data dalla facilità, dal mancato frapporsi di ostacoli. Un po' come se si fosse realizzato quel sogno segreto che la propria vita sia un film, bello da mostrare, interessante da osservare. 
Non è vero che non ci fossero, prima dell'era 2.0, media per esporre il proprio io direttamente al mondo: non c'è forse bisogno di questo elenco sommario: arte visiva, cinema, fotografia, letteratura.. Teoricamente i mezzi ci sono sempre stati. Ma ognuno di questi elementi appena nominati è un'istituzione, non ha molto di quella immediatezza di accesso e uso che compone la bellezza di cui sopra. E poi io stavo parlando di scrittura. E per quanto possiamo essere caritatevoli e ammettere che anche un disegno è scrittura, io continuo ad aver bisogno della parola scrittura usata nel suo senso più stretto e proprio. Ho appena imparato che in giapponese scrivere si dice kaku, parola che ha un'estensione a molte altre azioni tutte legate all'incisione, al tracciare segni, etc. Quindi comprende anche il significato di disegnare. Rientrerebbero da questo punto di vista nella serie di atti indicati dalla parola 'scrivere' anche le scritte politiche sui muri e i graffiti. 
Nel senso stretto che intendo usare qui invece, includerei le prime e lascerei fuori i secondi. I graffiti sono arte (visiva) murale. Le frasi politiche sui muri sono spesso delle trovate retoriche altamente raffinate,  vengono lette da molte persone e provocano una reazione. Ma difficilmente si susseguono con regolarità o sono collegabili ad un autore.
Il blog –o facebook, twitter..– ha un autore, non esaurisce in una volta ciò che vuole dire e ha una continuità periodica nel tempo.

Posso concludere che prima della rivoluzione 2.0 non esisteva questa forma di scrittura. Avvallando la posizione di chi ritiene che la scrittura plasmi la nostra forma mentis, però, posso dire che dopo questa rivoluzione è possibile un percorso a ritroso: adattare media obsoleti (nel senso di Luhman: cambia il rapporto con lo sfondo) a tecniche di espressione nuove: è ciò che ha fatto un blogger analogico di via Padova, che tiene aggiornato il suo blog analogico quotidianamente, usando come piattaforma le pensiline delle fermate dell'autobus, imperterrito incurante delle pulizie periodiche che rimuovono i suoi post. Vedere per credere: lo stile è quello del blog, l'interesse è il pubblico, l'autore è riconoscibilissimo.

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