"Il mio vicino di casa dev'essere disoccupato come me", ho concluso infine tra me e me, dato che è a casa nelle ore in cui anch'io sono a casa. Non ci conosciamo ancora, ci salutiamo sul pianerottolo e sulle scale e i rumori che fa in bagno al mattino mi svegliano bruscamente. Tutto qua. In casa credo che abitino due uomini, una donna e un bambino piccolo, che piange spesso in modo molto teatrale. Vengono ad occhio e croce dal Bangladesh, o da qualche parte giù di lì.
Ieri sera noi scendevamo precipitosi e festanti le scale per andare in centro a bere qualcosa. Da quando siamo qui forse è la seconda volta che lo facciamo. Non è molto facile sentirsi vivi quando non hai un soldo in tasca, soprattutto d'inverno. Ma ieri sera ho deciso che avrei dimenticato le mie frustrazioni e mi sarei aggiunta alla fiumana di gente che ogni notte invade i locali suggestivi dei navigli e chiacchiera spensierata. Sarei stata semplicemente una in più. Era una serata bellissima, con il vento che portava un odore candido di montagna, le stelle e la luna a Stregatto e una strana calma, voglia di passeggiare.
Torniamo un attimo alla scala e al mio vicino, però. Il mio vicino stava scendendo anche lui la scala insieme ad un altro –presumibilmente quello che abita con lui. Entrambi tenevano in mano un mazzo di rose. Per la prima volta la sua faccia è uscita dal quadro che rappresentava il mio vicino di casa e ha ricomposto l'immagine del venditore ambulante di rose. Ci siamo salutati e siamo andati nella stessa direzione, noi più veloci, ci siamo persi quasi subito.
Una volta seduta nel mio bel locale sui navigli, a sorseggiare splendide bevande in cocci sontuosi, locali che si sforzano di sembrare poveri, come le vecchie taverne, ma difficilmente accoglierebbero chi quelle taverne rendeva così calde: i poveri derelitti, pieni di vino e con l'alito puzzolente, che stanavano a fatica le monetine per pagare un ultimo goccio in fondo a tasche sdrucite e luride. Chissà se oggi i nuovi disperati siamo noi: ben vestiti con le giacche firmate che qualche parente ci ha regalato e che ci vergogniamo a mettere, parlando di esperienze all'estero in inglese, seduti elegantemente sorseggiando assaporando.
Ho cercato timidamente nelle facce dei venditori di rose il mio vicino di casa. Non c'era, meglio così. Non so se avrei sostenuto l'imbarazzo di trovarmi dall'altra parte, anche se solo eccezionalmente. Dalla parte di quelli che spesso sono stronzi e ti mandano via in malo modo, e spesso esagerano con l'affabilità e ti trattano come un idiota, e magari si aspettano pure che ti ricordi di loro solo perché sono stati gentili.
Quando ho detto ad Alex: "Forse potrei vendere anch'io fiori sui Navigli." lui mi ha accusata di voler rubare il lavoro ai pakistani.
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