sabato 17 dicembre 2011

Fotti il sistema Babilonia.



Con un po' di fiatone riusciamo ad accodarci alla manifestazione antirazzista prevista per oggi a Milano. Era già partita da piazzale Loreto da una mezz'ora abbondante, ma noi siamo riusciti ad intercettarla anche grazie all'elicottero della polizia che ci ronzava sopra. Un elicottero?! Tralascio di commentare.
La manifestazione faceva parte della mobilitazione globale contro il razzismo, e non poteva cadere in un momento più propizio, visti gli ultimi fatti razzisti che hanno intristito il nostro paese.
Sì, intristito: immediatamente dopo il dolore e la rabbia, è la tristezza il sentimento che si prova. O meglio che provano tutti coloro che pensano di impegnarsi ogni giorno, in ogni piccolo atto, a superarsi, a mettersi in discussione, a distruggere ogni germe di pregiudizio, a purificarsi per essere pronti ad incontrare l'Altro, e a farsi avvicinare. Invece questi eventi distruggono tutto, la cura discreta che mettiamo nelle nostre piccole azioni, le mani che tendiamo quando siamo sicuri di mantenere la presa. Tutti quei piccoli gesti che facciamo pensando di costruire il mondo che ci piace e in cui vorremmo vivere. La violenza è un trauma che con un'impronta grossolana abbatte i modesti ponti su cui ci sentivamo ormai al sicuro, che ci facevano dire, come in questo caso specifico, "i rapporti con i Senegalesi non sono problematici".


I problemi creati dagli omicidi di Firenze, infatti, li ho conosciuti oggi in manifestazione, dalla quale sono tornata a casa piuttosto triste. Strano per una manifestazione. Ma questa era senz'altro di un tipo speciale, premetto e sottolineo, date le circostanze. C'era molta rabbia e durezza negli sguardi, ma anche silenzi e niente aria di festa. E naturalmente la comunità migrante maggiormente rappresentata era quella dei Senegalesi.
Quando il corteo sosta davanti alla Stazione Centrale, un gruppo di manifestanti africani si schiera su due file sui gradoni delle aiuole. Uno di loro brandisce un cartello che recita: "Fuck Babylon System". Capisco il significato letterale, ma dato che sono ignorante, e trovandola una buona occasione per scambiare qualche opinione con una di queste persone, mi avvicino all'uomo del cartello e armata della mia più cretina ingenuità chiedo cosa significa. Lui mi risponde subito, traducendomi dall'inglese ("Fuck vuol dire vaffanculo, fottiti..") e io credo di percepire un certo scherno compatito nel suo modo di parlarmi. Ma continuo, spiegandomi che in realtà non so cosa significhi Babylon. E lui, proseguendo con quel tono arrogante, mi canzona "Ma come, non sai che cos'era Babylon? A scuola lo avrai imparato, no?" Ora mi sta apertamente prendendo per il culo, ma io non me ne vado e voglio sapere che cazzo significa Babylon in quella frase. Finalmente sbotta e sciorina un elenco di paesi capitalisti, mentre io mi rendo conto amaramente che usa con me quel tono che si usa di solito con le persone che si ritengono avversari politici, ideologici o semplicemente ignoranti e reazionari. Mi dice "Ascolta un po' Bob Marley, sai, che ti fa bene." Il suo disprezzo mi fa male al cuore. Mi difendo: "Ma io ascolto Bob Marley." "Ascolti Bob Marley e non sai cos'è Babylon?" dice giustamente lui, e aggiunge: "Bob Marley dice Babylon System is the Vampire. Sai cosa fa un vampiro? Non uccide, ti tiene in vita e ti succhia il sangue" dice, mentre la sua mimica mi dà l'impressione che sia tutta colpa mia. "Guarda che non è colpa mia, gli dico, anch'io sono vittima del capitalismo, anch'io sono esclusa dal lavoro, da mille garanzie. Non ti arrabbiare con me." Alex, il mio ragazzo, mi trascina via e mi consiglia di leggere il libro di uno psicologo che sa lui. Io senz'altro mi lascio accompagnare perché trovo molto ridicola l'eventualità che in questa manifestazione un'italiana e un senegalese si mettano a litigare. Ma sono amareggiata.
La manifestazione è un'occasione per portare in piazza le proprie esigenze, le proprie opinioni, le proprie sofferenze. La comunicazione con chi sta fuori è centrale e da ricercare. E' il luogo giusto per avvicinarsi a realtà che non si conoscono bene e alle persone che vi ruotano attorno. E' un'opportunità unica, dirompente. Non serve, o non serve solo, a rinforzare il senso di identità della comunità degli attivisti. Perciò è altamente probabile che chi manifesta si imbatta in persone poco familiari con le questioni portate avanti, oppure lontane per ideologia ma che, improvvisamente sensibilizzati, facciano il loro tentativo di cambiare punti di vista. Il manifestante dovrebbe accogliere come successi queste evenienze e mantenersi pronto a gestirle. Adesso io non voglio dire di essere nuova all'antirazzismo, altrimenti la mia vita fin qui non avrebbe senso, a partire da questo stesso blog. Ma non rientro in nessun gruppo definito che lotta a fianco di un determinato gruppo di migranti. Non saluto come nessun gruppo x, non mangio come loro, non prego come loro, e non faccio come nessun altro una serie di cose che determinano il mio posizionamento culturale  che sarebbe pedante provare ad elencare qui. Credo di assomigliare piuttosto ad un'italiana. Questo tuttavia non è di ostacolo alcuno al mio antirazzismo, alla mia ricerca, al mio tentativo quotidiano di avvicinamento all'altro. Per quanto insieme a tante cose brutte, è nata nella cultura occidentale la maggior parte delle idee e dei valori in cui credo (democrazia, parità dell'uomo e della donna, diritti dell'infanzia, autodeterminazione dei popoli..).

Non voglio essere esclusa da un dialogo solo perché non so cosa quel signore intendesse per Babylon. E poi. Non voglio vedere un ragazzo di colore urlare "Italiani" e poi fare tiè con le braccia. Perché gli Italiani non si sono messi dall'altra parte della barricata. E anche se io ho rivolto al ragazzo niente più che un sorriso sarcastico e un uomo che assisteva alla scena, anche lui senegalese, mi ha rassicurato "ma lui è un ignorante" al che ho replicato "e anche molto giovane", non mi è piaciuto che tutti quei ragazzini poco dopo abbiano cominciato a inneggiare ad Allah..insomma, cos'è questa confusione? cosa c'entra Allah??
La compostezza di molti uomini e donne che partecipavano alla manifestazione non vorrei in futuro cedesse il passo all'esaltazione e grossolanità di questi massimalisti. Il dialogo è fatto di delicatezza e di cura del dettaglio.
Ho paura di non essere più in grado di manifestare il mio antirazzismo, e di doverlo fare solo tramite azioni dimostrative, grossolane, che rendano ben chiara la mia appartenenza ideologica. Il mio ideale è però il dialogo, il confronto, l'approfondimento. Come fare?


Lasciando la manifestazione svicoliamo e troviamo un ristorantino "etnico". Guardiamo dentro ed è senegalese. Ho paura che agli avventori e al proprietario non piaccia avere clienti italiani oggi. Invece esce e ci dà il benvenuto. Noi diciamo che stavamo solo curiosando. Gli rivelo il mio timore. Lui mi rassicura, che in 16 anni non ha mai avuto problemi in Italia. Non è l'azione di un pazzo che cambierà le cose. Io non sono d'accordo sul chiamarlo pazzo. Pazzo è chi non si rende conto di cosa sta facendo. E di nuovo ho la sensazione che ho sbagliato a comunicare, che avrei dovuto dire sì sì, un pazzo e lasciare tutto così. Adesso ho proprio i complessi. In realtà ottengo quello che voglio: l'uomo argomenta e spiega quello che intendeva. Poi arriva una sua amica e il discorso si interrompe. Ci saluta con una stretta di mano e un arrivederci a presto.
Avrei tanta voglia di sentire cosa ne pensano le persone che leggeranno questo post, un po' confuso e lungo. Ne ho davvero bisogno come l'aria.

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