Da giorni vado raminga trascinandomi questo bacino semi-immobilizzato dal pudore, e il conseguente dolore di schiena – direi importante – ripetendomi che l'unica cura sarebbe quella di ballare, muovendo ripetutamente e in varie direzioni le anche. Ma non avendo il budget né il tempo per permettermi una serata stravagante a Beyoğlu, ed essendo Kadıköy non adatta al mio scopo, disperavo sul da farsi danzando in camera mia per i tre minuti che ci vogliono per sentirmi una poveretta. E invece mi sbagliavo solamente, perché la danza è dappertutto, e volendo si può anche oscillare leggermente il bacino quando si cammina. Così oscillando mi sono ritrovata in una Kadıköy travolgente e musicale, la Kadıköy della domenica: decine di persone si ritrovano di fronte al molo per Beşiktaş e danzano, allacciati con le braccia, in grandi cerchi, l'horon, la danza tipica del Mar Nero. E ballano tutti insieme, uomini e donne, velate e non; e si suda tutti insieme, e gli uomini urlano, e i loro vocioni che in coro danno le istruzioni sulla danza incutono timore. Parlando con un astante osservo che questa danza è molto simile all'halay curdo, ma prima di poter pronunciare la parola “assomiglia” lui mi precede e dice “evet, farklı”, sì, è diverso. Io ci riprovo e gli dico che secondo me sono davvero simili, ma non continuo oltre. Solo che si balla in cerchio anziché in fila e con uno in testa che guida con un fazzoletto in mano.
Si balla al suono della cornamusa, alcuni ragazzi si sono isolati e suonano in riva al mare.
Languendo al tramonto il primo cerchio si sfalda, mi sposto a rimirare un cerchio più piccolo ma non meno rumoroso, seguita dall'astante, piena di buone notizie per la mia lombalgia.
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