Ieri in Turchia correva la Festa Nazionale del Bambino. A Istanbul viene celebrata con una grande sfilata in Istiklal Caddesi, e diverse manifestazioni hanno luogo in tutte le scuole. Nel pomeriggio ero seduta sulla scalinata dell'associazione per cui lavoro tentando di strimpellare una chitarra, quando tre chiassose ragazzine sui 13 anni passano lì davanti al ritorno da scuola. Una delle tre interrompe il chiacchiericcio forsennato e intima alle altre di fermarsi perché c'è una che suona la chitarra. Io replico che in realtà non so suonare, ma pare che a loro vada bene così. Indossano un gonnellino bianco a pieghe su collant bianche e scarpe bianche, una maglietta un po' meno uniforme e una casacchina azzurra appesa al dito e lasciata cadere dietro le spalle. Chiedo loro se è la divisa della scuola. Loro rispondono che è quella speciale per la festa del bambino. Mi dicono che l'hanno festeggiata a scuola partecipando ad uno spettacolo e suonando. Adesso sono stanche e festanti si dirigono verso casa, portandosi dietro il cicaleccio tipico di quell'età.
La giornata del bambino, che più precisamente si chiama la Festa della Sovranità Nazionale e del Bambino (Ulusal Egemenlik ve Çocuk Bayramı), è stata voluta dal padre della nazione Mustafa Kemal, per commemorare la fondazione della grande assemblea nazionale avvenuta lo stesso 23 aprile del 1921. La festa è stata poi in seguito dedicata al bambino. L'apoteosi della nazione giunge a livelli altissimi, in accordo con la tendenza tutta turca a fare le cose in grande. Ogni anno alcuni bambini vengono selezionati e sostituiscono le alte cariche dello stato nelle loro funzioni. E non si tratta di una sostituzione solo nominale, in quanto i figli della nazione hanno il potere di promulgare leggi. Naturalmente non sono eletti dal popolo e provengono dagli alti ranghi della società.
Tutto questo mi fa venire in mente i carnevali medievali in cui venivano capovolti i ruoli sociali per vivere un giorno alla rovescia: i ricchi facevano i poveri e i poveri governavano la città. Ma certo, non è la stessa cosa: qui c'è di mezzo l'orgoglio di una nazione.
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