Raccontando questi itinerari, quello
che spero è di trasmettere un certo modo di camminare, di
attraversare lo spazio, di esplorare, che è precisamente anche un
modo di guardare, di soffermarsi, di dare peso. A volte in queste
passeggiate capita di non trovare nulla, ed è difficile farne un
reportage. Non per questo vale di meno la pena di procedere
nell'attraversamento, insomma, di godersi la passeggiata.
Sono tornata laddove la scorsa
passeggiata si era spinta, prima di ritornare indietro: le case
occupate di piazza Ferravilla. Incuriosita dalla particolarità di
questi edifici, ho voluto concedermi più tempo per osservarli.
Queste villette stile liberty dell'Aler si dispiegano da un lato e
dall'altro di uno stretto viottolo pedonale (via Apollodoro), che
collega la piazza con via Andrea del Sarto. Le case giacciono quasi
tutte in stato di abbandono, a parte quelle riqualificate dagli
occupanti e una che è la sede del Centro Aiuto Drogati onlus e del
suo sportello migranti. Le
altre espongono targhette importanti: Cgil, Cisl, Uil, la stessa Aler
(c'è perfino un'associazione per l'accoglienza dei ricercatori
stranieri), ma le istituzioni cui si riferiscono non sembrano mettere
piede qui da un po' di tempo. É incredibile, perché queste case
sono bellissime. Al ritorno a casa ho potuto saperne di più grazie a questo articolo.
Sono tornata da queste parti anche
perché la retrostante piazza Asperi mi ricorda una zona di Bruxelles
che avevo attraversato di notte in auto. Le case basse, folte di
vegetazione, addobbate con opere d'arte, disegni, colori;
pavimentazione di sanpietrini, calma e spazio sopra la testa. C'è un
certo raccoglimento, un'intimità, che ritrovo in tutte le vie
circostanti: via Tiepolo, via del Sarto, via Verrocchio, al cui
limitare si erge la possente Aeronautica Militare, in marmo bianco
imperiale e le simbologie guerresche.
Si svela il segreto di questa intimità:
l'interruzione del suo essere piazza di piazza Novelli, costretta in
un cantiere che tiene temporaneamente separate le strade che da essa,
a raggiera, si dipanano. Tutto è marciapiede, tutto è parcheggio.
Non vi è transito. Si può sostare con calma con biciclette e
cagnolini in mezzo alla strada, come fanno alcuni ragazzini in via
Giuditta Sidoli. E' come una città provvisoria, interrotta. C'è calma, dunque, e vento. Ci sono balconi e gente
affacciata –le villette sono ormai nascoste dai palazzoni– le
strade sono vuote e sonnacchiose come in un pomeriggio d'estate.
Fotografo una serie di decorazioni poste sopra i portoni d'ingresso
di alcune abitazioni, come dei simboli araldici, stemmi delle
famiglie che vi dimorano. L'ultimo della serie è, in maniera
sommamente ironica –trovo– un ragno di bronzo sulla sua
ragnatela. Non c'è niente di emozionante da vedere, mi lascio
passeggiare mollemente godendomi il vento. Osservo come
progressivamente le case davanti a me sono raggiunte e aggredite da
una giungla di edere e gelsomini e altre piante, come se la Natura,
approfittando della disattenzione degli esseri umani, stesse
lentamente riprendendo il sopravvento, piano per non destare
sospetti.
Mi pongo come vuoto obiettivo quello di
raggiungere una macchia verde che si vede in fondo a via Giuseppe
Piolt de' Bianchi. Due ragazzine mi sfarfallano a fianco
sorpassandomi rompendo il silenzio e come risvegliandomi. Una delle
due la ritrovo correre nella direzione opposta mentre al telefono
cerca disperatamente un riferimento spaziale per orientare il suo
interlocutore. Impossibile, qui ci sono solo palazzi che si
distinguono solo per le decorazioni di stucco sugli ingressi
sontuosi.
Emergendo da questa monotonia sono
stupita di trovare questo personaggio di bronzo semi-inginocchiato di
fronte ad un blocco di marmo. Lo aggiro e scopro che si tratta del
monumento a Giuseppe Grandi, e che mi trovo appunto in piazza Grandi.
Mi piace lo spazio: è una lieve altura che eleva sopra il
sottostante corso XXII Marzo. É strano trovarsi in questa
prospettiva a Milano. E poi apprezzo molto questi lastroni di marmo
ancora caldi di sole. Mi sdraio per riprendere l'energia che mi serve
per tornare a casa, mentre osservo le fronde piene di vento degli
alberi altissimi.
Prima di riprendere l'autobus su viale
Campania, Wow! Lo spazio fumetto mi richiama ad un'ultima incursione.
Dentro trovo dei palazzi arancioni costruiti con i lego presidiati da
un lucertolone bianco e i suoi piccoli. Poi, nascosto fra i cespugli,
c'è il regno dei bambini, che, infischiandosi del fatto che si
tratta di una pista per skaters, li hanno emarginati in un angolo e
hanno trasferito qui la loro festa di compleanno, e solo la promessa
di un gelato li richiama tutti fuori verso le rispettive mamme.
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