Entriamo a spettacolo già iniziato nel silenzio di due corpi che si muovono. Due danzatori vestiti a lutto, con scialle, cappellino nero con improbabili fiori, gonna sotto alle ginocchia e borsetta, hanno depositato ad un lato della scena dei moccoli rossi e adesso stanno pasticciando con una bottiglia di grappa che contiene qualcosa che sembra vino. Serata di Halloween, Milano, 21:20. Dopo un precipitoso viaggio all'altro capo della città fra ragazzini con lunghi capelli viola, intriganti maghe incappucciate, veli, pizzi neri e cappelli e zucche, raggiungiamo il teatro Pim Off per lo spettacolo Inri, presentato come un discorso coreutico sul culto cattolico. Tempo fa avevo riflettuto sull'uso del corpo nella preghiera, in particolare di quanto fosse presente il corpo nel namaz islamico, con quella successione di alzate, inginocchiamenti e chinamenti senza distinzione tra preghiera femminile e preghiera maschile. A dispetto di quello che si dice sull'Islam e sull'occultamento del corpo. Se poi si vuole ampliare il discorso si può pensare alla centralità liturgica della danza nel Sufismo. L'impiego dell'intera persona nell'espletamento del culto non è cosa così comune nelle altre religioni monoteistiche, anche se mentre scrivo mi viene in mente l'uso di compiere i pellegrinaggi in ginocchio o in altre scomode posizioni che invece di allontanare la componente per così dire materica, la impongono all'attenzione con il dolore e il sacrificio fisico. Insomma, un discorso pieno di spunti da approfondire e su cui varrebbe la pena svolgere una ricerca (infatti voleva essere mio argomento di tesi, prima di venire spodestato da altro).
Si capisce quante aspettative riponessi in questo spettacolo. Invece, mentre cercavo di capire il perché quei due si fossero travestiti da vedova Assunta, ho assistito all'enciclopedia dello stereotipo del(la) credente cattolico(a). Teatralmente parlando non funzionava l'idea della gag clownesca dentro alla chiesa, che poi diventava parco fiorito dove le due vecchiette si rotolavano (?) per risolversi in una posa stereotipata di Pietà. Le due figure con le mani giunte davanti alle candele, più che supplicare Dio sembravano chiedere al pubblico di ridere, annunciando quello che sarebbe successo il secondo successivo. Ad un certo punto una delle due vedove spalanca la bocca come per cacciare un urlo. Ma non grida! Lo spettacolo si conclude con le due figure che rivelano la loro virilità spogliandosi completamente, estraendomi un "OH" dalla gola, mentre le luci si spengono sui due che sorridono con la mano sul rispettivo pisello. Peccato, un'occasione sprecata –non per via della mano– per quello che poteva essere una etnografia danzata del corpo nella preghiera cattolica italiana. Eppure un momento della coreografia aveva soddisfatto le mie aspettative, con le due in preda alla noia della predica o quando si scambiano il segno della pace, sempre loro due, non trovando altre mani.
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