martedì 17 agosto 2010

Evet, perché yok yok.


''Hayır'' (No) al Nazim Hikmet Kültür Merkezi"
La riforma della giustizia promossa dal partito al governo è davvero nell'interesse dei cittadini o serve solo al partito di Erdoğan a imperare all'insegna dell'anti-secolarismo senza più scomode accuse e cavilli kemalisti? Ciò che mi interessa più di tutto in questa faccenda è osservare come avviene la comunicazione sul referendum, in che modo le informazioni arrivano al cittadino, qual è l'opinione che il cittadino è in grado di formarsi nel caos della propaganda, o per meglio dire, della pubblicità. Perché qui, come in Italia, la politica è un affare di tecniche di comunicazione, e quanto più il messaggio è subliminalmente violento, tanto più raccoglie consenso. Anche qui, come in Italia, mi chiedo come si faccia a votare e credere in una figura come l'attuale primo ministro.
Ho pensato di chiederlo al tassista, che alle 4 di notte ci portava a casa e mentre dentro l'auto sgusciavamo fuori dal ponte sul Bosforo, lui mi guardava e con gli occhi che gli brillavano –quindi non guardava la strada– mi dichiarava il suo amore per Istanbul, per questa città yok yok, questa città a cui non manca nulla: c'è il lavoro, ci sono i soldi, tutto è possibile a Istanbul. "Guarda, io lavoro di notte, sono malato, soffro d'asma, devo smettere di fumare, devo stare attento a tutto..ma questa città è un sogno, che cosa volere di più?"
Stupita da tanto entusiasmo e soddisfazione, ho inferito che allora anche politicamente avevo di fronte un cittadino soddisfatto (non ne avevo ancora incontrato uno). così mi sono azzardata a chiedere: "Ma il referendum?" e lui deciso "EVET" quasi stesse già apponendo il suo timbro sulla parola che significa SI' (e sì, qui i referendum si fanno coi timbri, mica matitine e crocette). E allora, resa coraggiosa dal suo impeto, ho chiesto: "Perché?" . E la risposta è stata: " Perché non vogliamo più colpi di stato. " Allora ho soggiunto di avere letto che in realtà si sarebbero potute fare modifiche più mirate alla Costituzione, se questo fosse stato il vero intento della riforma, ad esempio l'articolo... e il tassista: "Io non lo so, ma ogni cosa che fa Tayyip –dunque chiamandolo per nome– per me va bene, io mi fido, perché prima di Tayyip tutto era caotico, non funzionava niente, ma ora che c'è Tayyip è tutto perfetto" discorsi che hanno un certo eco nella mia memoria, e che mi hanno fatto pensare alle reazioni dei berlusconiani dopo il terremoto in Abruzzo. Allora gli chiedo se anche Berlusconi gli piace. E lui annuisce con veemenza. E ritorna a tessere le lodi di questo Berlusconi d'Oriente.

E poi la frase lampante, la freccia infuocata: "Perché Tayyip è un bravo musulmano"

Ho provato a chiedere che cosa intendesse, ma forse il tassista felice si è reso conto di aver espresso un concetto tabù (il partito di Tayyip era già stato sul punto di essere sciolto dalla Corte Costituzionale che ora si propone di riformare, proprio per essere in contrasto con la laicità dello Stato) e ha provato a correggere il tiro.
Di fronte a casa il tassista felice tutto ad un tratto smette i suoi abiti cortesi e ci intima di spicciarci e toglierci dalle scatole che un cliente lo ha chiamato e lo aspetta e lui non ha tempo.

lunedì 2 agosto 2010

Danza democratica contro la lombalgia

Da giorni vado raminga trascinandomi questo bacino semi-immobilizzato dal pudore, e il conseguente dolore di schiena – direi importante – ripetendomi che l'unica cura sarebbe quella di ballare, muovendo ripetutamente e in varie direzioni le anche. Ma non avendo il budget né il tempo per permettermi una serata stravagante a Beyoğlu, ed essendo Kadıköy non adatta al mio scopo, disperavo sul da farsi danzando in camera mia per i tre minuti che ci vogliono per sentirmi una poveretta. E invece mi sbagliavo solamente, perché la danza è dappertutto, e volendo si può anche oscillare leggermente il bacino quando si cammina. Così oscillando mi sono ritrovata in una Kadıköy travolgente e musicale, la Kadıköy della domenica: decine di persone si ritrovano di fronte al molo per Beşiktaş e danzano, allacciati con le braccia, in grandi cerchi, l'horon, la danza tipica del Mar Nero. E ballano tutti insieme, uomini e donne, velate e non; e si suda tutti insieme, e gli uomini urlano, e i loro vocioni che in coro danno le istruzioni sulla danza incutono timore. Parlando con un astante osservo che questa danza è molto simile all'halay curdo, ma prima di poter pronunciare la parola “assomiglia” lui mi precede e dice “evet, farklı”, sì, è diverso. Io ci riprovo e gli dico che secondo me sono davvero simili, ma non continuo oltre. Solo che si balla in cerchio anziché in fila e con uno in testa che guida con un fazzoletto in mano.

Si balla al suono della cornamusa, alcuni ragazzi si sono isolati e suonano in riva al mare.

Languendo al tramonto il primo cerchio si sfalda, mi sposto a rimirare un cerchio più piccolo ma non meno rumoroso, seguita dall'astante, piena di buone notizie per la mia lombalgia.